Vi avevamo lasciato in sospeso con la domanda: Joseph Michael Miller sarà dichiarato colpevole o innocente?
Sfortunatamente per la famiglia Latimer e per noi spettatori è accaduto quello che temevamo. Joe è stato scagionato dalle accuse per l’omicidio del povero Danny. Il verdetto è stato pronunciato sotto gli occhi e le orecchie degli astanti, sgomenti e increduli, incapaci di realizzare la portata di quelle parole.
Da qui l’episodio è andato avanti e, se possiamo esprimere un giudizio sin dall’inizio di questo articolo, lo si è potuto definire la vittoria della vita sulla morte.
Come per l’altra recensione non possiamo esimerci da notare alcuni difetti che, per fortuna, sono minori dei pregi. Iniziamo dai primi così ci leviamo qualche sassolino.
Prima di tutto la storia del verdetto. Prevedibile fin dall’inizio della seconda stagione grazie ad un giudice davvero succube e una giuria che pareva più interessata ad ascoltare i pettegolezzi dell’avvocatessa della difesa Sharon Bishop (Marianne Jean-Baptiste) che non le prove.
Chris Chibnall e Louise Fox volevano farci arrivare in questo modo il messaggio che, per loro, la giustizia inglese funziona poco perché potrebbe finire nelle mani di incompetenti ed incapaci? Operazione riuscita solo in minima parte visto che invece di assistere ad un processo sembrava di assistere ad un mercato o peggio ad una puntata di E! News fate voi. E francamente non ci sentiamo di dare per questo dei geni ai due autori né tantomeno di definire capolavoro Broadchurch. Dovremmo definire capolavoro una serie che ha dato troppo spazio ad un’assurdità giuridica per farci arrivare, malamente, il messaggio che la giustizia inglese fa schifo?
No, grazie. Oltretutto la signora Sharon, che pareva un personaggio potenzialmente interessante, ne esce proprio con le ossa rotte. Non ci possiamo accontentare di due paroline buttate lì nel finale quando accoglie, a fatica, il ritorno di Jocelyn (una sublime Charlotte Rampling) nel suo studio, solo e soltanto perché spera di riavere un po’ di giustizia per il figlio. Tra l’altro quanta emozione sul viso di questa madre. Wow. Uno stoccafisso ce ne avrebbe mostrata di più.
Inoltre ancora una volta miss gossip ne esce malissimo proprio per il dialogo finale con l’avvocata dell’accusa perché quest’ultima si dimostra come sempre umana in tutti sensi, lei, appunto, no.
Parallelamente alla vicenda dei Latimer, seguiamo finalmente alla resa dei conti di ciò che é accaduto a Sandrook. A voce bassa Alec Hardy (David Tennant) arresta Claire Ripley (Eve Myles) per l’omicidio di Pippa Gillespie (Hollie Burgess) e della sua baby sitter e cugina Lisa Newberry (Eliza Bennett), recitando la formula rituale di informativa dei propri diritti. L’intento di Alec è chiaro: vuole fare pressione su di lei in modo che tradisca il marito Lee Ashworth (James D’Arcy) e riveli, infine cosa sia davvero accaduto.
E finalmente vediamo il vero volto di Claire che da subito cerca di mettere in cattiva luce Alec, durante l’interrogatorio, arrivando a inventarsi una presunta violenza. L’agente però è stanco dei suoi giochetti e dimostra di avere carattere e di non cedere ai suoi ricatti. Ellie Miller (Olivia Colman) accompagna Hardy nell’interrogatorio, ritornando li dove lui le aveva rivelato il colpevole per l’omicidio del povero Daniel Latimer. E’ un duro colpo per lei, è evidente, ma in quel momento riesce a mettere da parte i suoi problemi per concentrarsi anche grazie alle parole di Hardy: lui le dice chiaro che la rabbia che lei prova è salutare, che può essere utile per qualcosa di buono ovvero appunto dare giustizia alle due povere Pippa e Lisa.
E’ molto d’impatto il discorso che fa Alec. Molto forte. La rabbia se incanalata in qualcosa di positivo può diventare essa stessa qualcosa di positivo.
E poco dopo l’ispettore Hardy riesce ad ottenere la confessione da Lee partendo dalla propria rabbia e dalla propria solitudine. Pure qui ci troviamo di fronte ad un monologo molto intenso e molto forte, merito anche di Tennant che da corpo e voce alle emozioni del suo personaggio in maniera molto realistica, facendole letteralmente sue.
When you’re in love, you think you’re
gonna be interlocked forever
Love’s all-encompassing
when you’re in it, but…
really, you can’t trust anyone.
Not even the people you love.
Ultimately… we’re all alone.
Quando sei innamorato,
pensi che durerà per sempre.
L’amore è totalizzante
quando ci sei dentro, ma…
in realtà, non possiamo fidarci di nessuno.
Nemmeno di chi amiamo.
Alla fine… siamo soli.
Queste parole spingono definitivamente Lee alla resa, raccontando una vicenda che, in parte avevamo intuito: ad uccidere Lisa fu Rick Gillespie mentre ad assassinare Pippa fu lo stesso Lee, coperto dalla moglie Claire. Si chiude una storia torbida, dove le colpe dei tre si equivalgono e per Alec arriva un po’ di sereno. Può voltare pagina, riavvicinarsi a sua figlia, anche se non sa ancora dove andrà.
E qualcosa di simile accade anche Ellie anche se prima con Beth e Mark decide di fare una cosa molto comprensibile.
Una cosa giusta. Una sorta di giustizia stile Polis greca dove la comunità condannava all’ostracismo il criminale. Joe, dopo l’assoluzione, ha il fegato di presentarsi a padre Paul, convinto di meritare il suo aiuto perché è stato dichiarato innocente. Ma Paul ha una coscienza solida, pur provando indubbiamente pietà (e altro non merita) per Miller, non può accoglierlo, non può perdonare e decide di darlo in mano allo “speciale tribunale” composto appunto da Ellie, Mark e Beth. I tre gli dicono chiaro: “potremmo ucciderti, ma siamo migliori di te, non diventeremo come te e te ne devi andare.” E Ellie rincara anche la dose all’ex marito facendogli presente che se osasse avvicinarsi ai loro figli lei lo ucciderebbe, ma, a differenza sua, affronterebbe le conseguenze delle sue azioni.
E’ una scena davvero molto molto forte quella della cacciata di Joe da Broadchurch. Molto dura. Ma anche giusta perché è un bel messaggio a coloro che pretendono il perdono a prescindere. Credo sia giusto che una volta tanto venga mostrato fino in fondo il punto di vista delle vittime, vittime dignitose che ne escono a testa alta e che non sono assolutamente obbligate a dare perdono.
Vittime che avrebbero potuto scegliere di usare la violenza e di farsi giustizia da sole ma invece hanno talmente amore per la vita, che preferiscono allontanare chi invece non prova lo stesso rispetto.
Come dicevamo all’inizio: la vittoria della vita sulla morte.
Due i momenti commoventi di questo finale: vedere Alec piangere, dopo la chiusura del caso di Sandbrook, dopo che finalmente è stata fatta giustizia. Un caso che stava quasi per costargli la vita. Quel pianto è quello dell’uomo giusto che ha lottato fino in fondo non per se stesso, per la propria gloria, ma per la vita ingiustamente spezzata di quelle povere ragazze.
Il secondo: vedere finalmente riunita la comunità di Broadchurch sul luogo in cui è avvenuto ciò che l’ha spezzata. Quella spiaggia che conteneva il povero corpicino senza vita di Daniel Latimer finalmente ha visto dei fiori e tutti quanti stretti insieme in una cordata. La forza dell’unione che trionfa. La famiglia di Danny ne ha passate tante, ha rischiato di spezzarsi ma adesso è solida più che mai. Continueranno a vivere. Loro sanno quanto la vita è preziosa, sanno quanto tutto può andare perso e rinnovarsi allo stesso tempo.
In conclusione un finale davvero bello e toccante, con qualche pecca.
Recensione redatta da Silvia Azzaroli e Simona Ingrassia.
Mamma mia, siete riuscite a farmi commuovere con questa recensione.
Vado un po’ con ordine anch’io, partendo proprio dall’assoluzione di Joe. Una cosa assolutamente insensata, che fa montare di rabbia anche e soprattutto perché c’era la vita di un bambino in gioco. Non credo che gli autori volessero puntare il dito contro la giustizia inglese in generale, ma contro il sistema giudiziario in sé, inglese e non. Sulla pagina fb di Broadchurc… o era di Tennant? Ora non ricordo, ma ricordo di aver letto l’intervista ad uno degli autori, che ha esplicitamente detto: “Il colpevole è stato Joe. E’ stato sempre Joe e mai per noi (autori) è stato in discussione il fatto. Ma la questione non era questa. Era il confronto tra la verità e la giustizia.”
Ecco, se una frase del genere fosse stata pronunciata alla fine nell’episodio non mi sarebbe dispiaciuto, perché avrebbe dato un maggior senso a quanto accaduto. Forse sarebbe stato un po’ più facile mandare giù il fatto che non c’è sempre giustizia per la verità e qui mi vengono in mente le parole di Severus Piton ad Harry Potter: “la vita spesso non è giusta.”
Ma passato questo primo attimo di sbandamento gli autori ci hanno incanalato verso altre questioni. Bellissimo il discorso sulla rabbia, incredibile quasi, ma vero. Sono le emozioni più grandi che muovono le nostre azioni, nel bene e nel male.
E così abbiamo assistito ad un’altra fantastica operazione di collaborazione di Alec e Miller, collaborazione che li ha portati a mettere alle strette i veri colpevoli.
E qui devo dire che gli autori erano stati abbastanza clementi, dandoci i sospettati fin da subito e fornendoci man mano le varie prove per incastrarli, giocando poi a mischiare un po’ le carte. C’ero cascata anch’io in alcune occasioni, arrivando a supporre che Lisa fosse viva, mentre invece gongolo per il fatto che avevo intuito il luogo del delitto, grazie al momento in cui Ellie va a casa dei sospettati.
Tra tutti i personaggi di questa seconda serie devo dire che ho apprezzato più di tutti Paul, un sacerdote come si deve, che sa dare il perdono ma sa richiedere la redenzione. E, quando essa non arriva, non può fare altro che dare giustizia al povero Danny come può, coadiuvato da tutta la comunità. Bello e commovente il discorso di Beth, una madre che piangerà per sempre il figlio ucciso ma che non alzerà la mano sul suo assassino per scendere al suo livello. La parte più cattivella di me ha gongolato quando Joe era terrorizzato dinanzi a tutti.
Sulle due avvocatesse mi rimane qualche perplessità di troppo. Mentre quella della difesa proprio mi rimane completamente indigesta… e ce ne sono di avvocati del genere, a migliaia, quindi perché stupirsi? Ma gioire per aver fatto scarcerare un colpevole no, questo proprio mi resta sul gozzo.
Jocelyn invece mi ha convinto meno nel suo voler tornare alla ribalta. Nascosta per anni a causa anche di una malattia, vuole tornare sulla scena e per giunta insieme a Sharon? Oh no…. io proprio non la vorrei nemmeno più vedere. Ma io ragiono da io, gli autori no e per fortuna direi.
Ok, ho finito.
Una gran bella serie, non c’è che dire. Certo, anche per me ci sono alcune pecche, ma credo che la serie perfetta non esista, quindi bando alle ciance, ecco il mio voto: 9+.
Sublime l’interpretazione di David Tennant. Non è il detective perfetto, non è quello tutto d’un pezzo, senza macchia e senza paura. No, ha le sue paure, le sue fragilità, combina le sue grandissime cavolate, ma lotta con mente e cuore per ottenere giustizia. Lo si adora senza se e senza ma. O almeno così faccio io.
Bravissima Olivia, che nel ruolo di Ellie è stata strepitosa. Vedermi le interviste di lei, supersorridente e simpatica è stato un piccolo antidoto alla tristezza che spesso mi pervadeva dopo ogni puntata, quando ho patito le pene dell’inferno insieme a lei per la sofferenza che le era toccata.
A quanto pare ci sarà una terza stagione di Broadchurch, cosa ci riserveranno gli autori? Io spero una storia che sia totalmente altra dalle due viste fino ad ora, poiché credo che su Sandbrock e sul piccolo Danny sia già stato detto tutto.